Negli Statuti ortani, modificati e nuovamente promulgati verso
la fine del XVI secolo, fra le varie festività civili e
religiose di precetto che cadevano entro l'anno (anche il giorno
4 ottobre sacro a S. Francesco, era considerato festivo) c'era
anche il giorno 8 maggio, dedicato all'Apparizione di S. Michele
Arcangelo. L'origine di tale festa cittadina, che ora non si
celebra più, proveniva da un fatto miracoloso avvenuto in Orte
circa l'anno 1500 per opera di un illustre seguace di S.
Francesco d'Assisi.
Una impressionante siccità comprometteva seriamente le messi: le
campagne erano arse perché da vari mesi non era caduta la
pioggia, e la quasi certezza di una carestia teneva in grande
trepidazione i poveri contadini ed i cittadini tutti. Trovavasi
in quell'epoca in Orte il Beato Giacomo da Padova, dei frati
minori osservanti a tenere un corso di predicazione, ed il
popolo accorreva sempre numeroso ad ascoltare la fervida parola
del santo oratore. Un giorno, e precisamente l'8 maggio, il
Beato radunò gli ortani sulla piazza e parlando con mirabile
eloquenza della Bontà e Misericordia divina che sempre ascolta
le calde preghiere degli uomini che sinceramente ripongono in
Essa ogni speranza, promise di ottenere da Dio l'acqua da lungo
tempo tanto sospirata, se nell'avvenire il paese avesse
solennizzato con particolare culto e devozione quella giornata
dedicata all'apparizione di S. Michele. È inutile dire che la
proposta fu da tutti entusiasticamente accettata, e fra la più
profonda commozione fu fatto io voto di riconoscere sempre per
singolare patrono l'Arcangelo, e di riguardare il suddetto
giorno come festivo. Fervide preghiere si levarono al Cielo
dalla moltitudine, onde all'improvviso cadde una copiosissima
pioggia, consolando grandemente il fedele popolo ortano che
volle consacrare la promessa negli statuti cittadini.
A S. Michele Arcangelo furono in seguito dedicati anche i
templi, fra cui ricordiamo quelli tutt'ora esistenti: in
contrada Bagno, sede di parrocchia, e la chiesa dei Cappuccini.
Il fatto miracoloso di cui sopra è riportato da vari scrittori
francescani, fra i quali il Gonzaga ed il Wadding, e dal P.
Casimiro da Roma, lo storico dei Conventi e delle chiese
francescane della provincia di Roma.
Il Beato Giacomo da Padova, detto volgarmente il Beato Ungarello
<<vir doctissimus>> come lo chiama il Gonzaga, fu veramente un
illustre membro del minoritico ordine, nelle istorie del quale è
ricordato oltre che per la singolare e santa sua vita, anche per
la sua opera di insigne filosofo ed oratore. Morì nel convento
dei Minori di Forlì, l'anno 1517.